Conoscere Anzio
La storia di Anzio è strettamente legata al suo mare e l’attività marittima degli anziati risale ai primordi di questi secoli.
Per molti anni la pesca ha significato un fondamentale, durissimo lavoro, una delle fonti primarie di sostentamento per buona parte della sua popolazione.
La vita marinara ha potuto svolgersi in un ambiente distinto e rimasto uguale attraverso i secoli, condizionando le varie attività che hanno potuto sussistere inalterate per un lunghissimo corso di tempo.
La pesca è sempre stata rappresentata come una paziente e faticosa attività fatta di tradizioni e sistemi sempre uguali che si sono tramandati nel corso degli anni.
Al mattino le barche escono in mare per assicurarsi la sopravvivenza grazie al passaggio di orate, spigole, merluzzi e ricciole. E, notte dopo notte, si affronta l’imprevisto e la precarietà del mare allontanandosi da terra senza avere mai la certezza di una buona sorte.
L’odore della vecchia barca da pesca, di quei pescatori e degli abiti impregnati di scaglie di pesce non era dei più amabili. Ma era sano e marino, che vuol quasi dire la stessa cosa.
Le mani sono grandi, nodose e percorse da ragnatele di rughe che paiono accarezzare affettuosamente l’intricata mano rossastra della grande rete, muovendosi lenta ma sicura fra le sue maglie mentre il pescatore ricuce gli strappi lasciati dall’ira del mare.
Seduto a terra lungo la banchina rinnova con attenzione e tenacia i gesti umili e sacri che legano l’uomo al mare.
La fatica della pesca, di un mestiere nobile e antico, ha arricchito i profondi solchi di un volto fatto di occhi scuri e caparbi.
Il mezzo con il quale l’uomo ha affrontato questa attività è stata la barca. Attorno alle barche fioriva un’attività altrettanto marinara, fatta di umanità e lavoro, da quando si impostava la prima trave di chiglia fino al completamento dell’imbarcazione ad opera di artigiani eccezionali, i maestri d’ascia veri artisti per competenza ed esecuzione. Dal loro lavoro paziente la barca prendeva man mano forma e respiro, si faceva viva e umana, creatura nata a terra ma destinata al mare.
Tenendo presente che all’inizio era impiegato naviglio e remi, spinto dalla forza delle braccia, si praticava una pesca costiera ravvicinata.
Il tipo di imbarcazione utilizzata erano le manaide e la paranzella. Ma la manaide, una barca con scafo lungo e sottile, bassa senza coperta, armata, con sei e otto remi, era l’imbarcazione più utilizzata perché con l’aggiunta di una potente lampada (all’inizio ad acetilene), durante la notte consentiva la cattura del pesce azzurro attratto alla superficie dalla sorgente luminosa.
La piccola industria, più che altro con carattere artigianale, era la salagione delle sarde e delle alici. La salagione avveniva in prossimità del porto ove oggi si trova “via dei Salvatori”.
Le sarde e le alici venivano conservate sotto sale in appositi contenitori in terra cotta maltata (cugnetti). Le alici e le sarde venivano private della testa ed eviscerate, poi venivano stese nel contenitore a strati sovrapposti intercalati da uno strato di sale, alla sommità veniva posto un tappo di legno (tompagno) e sopra di esso un peso.
La quantità di sale occorrente per ogni stagione di salagione era di 400 quintali. Trattandosi di un notevole onere finanziario, il Comune era solito offrire allo Stato la propria garanzia per consentirne il prelevamento ai pescatori.
Tale consuetudine è tuttora presente presso le famiglie “veraci” di anziati.
La conservazione delle sardine sott’olio e in salsa di pomodoro in scatola chiuse fu iniziata nel 1889 nello Stabilimento di Salvatore Pollastrini e prese il nome di “Sardine Pollastrini di Anzio”, una tradizione che dura nel tempo.
Un aspetto della vita marinara è l’uso di dipingere la barca lungo i bordi e i fianchi con tinte unite, altrettanto dicasi del nome che ogni barca deve portare. Nomi che rispecchiano la psicologia della gente di mare in alcune espressioni tipiche: prevalenti sono quelli rispecchianti la religiosità popolare. La religiosità popolare nella vita marinara pervade tutte le principali manifestazioni e trova espressioni di intenso significato, come, del resto, è facile comprendere pensando ai pericoli delle tempeste, ai naufragi, al continuo rischio di chi vive nel mare e del mare.
Quando l’azzurro marino si rompe,si fa livido sotto il cupore del cielo, si gonfia di rabbia liquida, gli uomini sospirano il focolare e invocano il Patrono. Da qui la grande devozione per Santo Antonio da Padova caratterizzata dalla processione a mare, particolarmente suggestiva.
Dopo il primo conflitto mondiale accanto alle imbarcazioni tradizionali si è andato sempre più diffondendo il naviglio peschereccio con propulsione a motore diesel.
Oggi questa attività si è adeguata alle moderne esigenze imposte dai più vasti orizzonti produttivistici del mondo peschereccio.
I pescatori locali praticano diversi mestieri, cioè usano reti da posta o lenze sulle quali si basa la pesca locale, e la pesca a strascico per la cattura di molte specie di pesci, molluschi e crostacei.
Ne deriva ovviamente il grande interesse che riveste il pescato nella gastronomia anziate.
Una cucina casalinga, genuina, semplice che il particolare estro degli anziati ha saputo creare nei secoli trasformando i prodotti ittici in pietanze gustose e ghiotte che offrono una gamma emblematica delle caratteristiche peculiari della vera gastronomia marinara anziate.
Le ricette risentono della qualità del pesce pescato nel nostro mare. Le preparazioni sono indirizzate alla più grande semplicità senza procedure complicate o salse sofisticate.
La cucina anziate privilegia l’assoluto rispetto del pesce per consentire la sua degustazione senza influenze determinanti.
Gli altri ingredienti hanno un ruolo complementare con lo scopo di accentuare il sapore del pesce e farne gustare al meglio le proprie caratteristiche.
Da qui l’esigenza di mantenere in vita le tradizioni culturali della cucina anziate che è rimasta fedele alle sue origini come viva testimonianza di costumi e di consuetudini.